A Festival for the greatest violinist of all time

In March 1816 he triumphed in a contest with Charles Philippe Lafont, repeated his feat two years later with Karol Lipinski. He also made a friendship with Gioachino Rossini and Louis Spohr. In 1817, at the age of 35, he played in Rome, making such an impression that the Metternichs invited him to Vienna. But even then his physical condition was such that it prevented from realizing the project.
Instead, he went south to Palermo where, on the 23 July 1825, Achille (1825-1895) was born, his son by 'a mediocre singer not least nerotic', Antonia Bianchi (Como, 1800 - 1874).
Paganini lived with Bianchi from 1824 to 1828 before she was married by the Milanese Carlo Felice Brunati. Although he never formalized his relationship with the mother, Paganini by all accounts demonstrated a certain affection to his illegitemate son, so much so that to have him by his side he had to pay the mother 2.000 scudi and get him recognised as his own by manipulating his contacts in high places.
In 1828 he finally went to Vienna where he was unaniminously celebrated. Emperor Francis II nominated him his personal player.
After 20 concerts in Vienna, he travelled to Prague where there was a lot of discussion about his real ability.
He composed six violin and orchestra concerts from 1817 to 1830 (most famous of which is the climax of the second concert "La Campanella"). Returning to Genoa in 1832 he started to compose his famous 'Capricci' for violin and, in 1834, a sonnet for viola, variations on the themes of Süssmayr and Gioachino Rossini, serenades, notturni and tarantelle.
The 'gran viola' in question was a special instrument with five strings unfortunately lost to us today and which Paganini had made by Francesco Borghi, a liutaio from Forlì. It became known as the 'controviola Paganini'.
Il 1834 segna l'inizio dei sintomi più eclatanti di una malattia polmonare all'epoca non diagnosticata, segnata da accessi di tosse incoercibile, che duravano anche un'ora, che gli impedivano di dare concerti e che lo spossavano in maniera debilitante, per la quale furono interpellati almeno venti fra i medici più famosi d'Europa, ma che nessuno riuscì a curare minimamente. Il dottor Sito Borda, pensionato dell'Ateneo di Pavia, finalmente pose la diagnosi di tubercolosi e lo curò con un rimedio dell'epoca, il latte di asina. Solo in seguito propose medicamenti mercuriali e sedativi della tosse, tipici dell'epoca, con poco risultato e grossi effetti collaterali. I disturbi alla gola si presentarono molto tempo prima che insorgesse la laringite vera e propria e la necrosi dell'osso mascellare. Comunque la reazione di Paganini alla malattia fu molto dignitosa e composta; malgrado non avesse una grande opinione dei medici, che non erano riusciti a curarlo, si rivolgeva sempre con fiducia a qualcun altro, sperando di trovare un medico che potesse aiutarlo. Nonostante la difficoltà in cui si trovava, non si abbandonò mai alla disperazione e bisogna riconoscere che in questi estremi frangenti dimostrò una grande forza d'animo. Al tempo gli diagnosticarono una laringite tubercolare; dagli sforzi della tosse non poteva più parlare e diventò completamente afono. Gli faceva da interprete il figlioletto Achille di 15 anni, che si era abituato a leggergli le parole sulle labbra e quando anche questo non fu più possibile, si mise a scrivere dei bigliettini, che sono stati conservati e sottoposti a esame grafologico. Morì a Nizza in casa del presidente del Senato. Achille, diventato adulto, cercherà di dare continuità all'opera del padre, continuando a riordinare e a pubblicare le sue opere, autenticandone la firma. In seguito i nipoti, che non avevano conosciuto il nonno Niccolò, venuti in possesso dell'intera opera paganiniana, decideranno di venderla allo Stato e, solo dopo un rifiuto, metteranno l'opera all'asta.
Paganini morì il 27 maggio 1840. A causa delle voci sul suo conto circa un sospetto "patto con il diavolo" e della sua cattiva reputazione (dovuta soprattutto alla sua condotta apparentemente "irreligiosa"), il vescovo di Nizza ne vietò la sepoltura in terra consacrata. Il suo corpo fu quindi imbalsamato con il metodo Gannal e conservato (inizialmente a bara aperta) nella cantina della casa dov'era morto. Dopo vari spostamenti, nel 1853 fu sepolto nel cimitero di Gaione e successivamente nel cimitero della Villetta di Parma, dove riposa tuttora in una tomba sempre provvista di fiori freschi che attrae molti turisti.
a cura della Società dei Concerti